Dal 1° gennaio 2025, la cessazione delle forniture di gas russo alla Moldavia ha precipitato la regione separatista della Transnistria in una crisi senza precedenti. Questo territorio filorusso, non riconosciuto a livello internazionale, si trova oggi privo di riscaldamento e acqua calda, mentre le interruzioni programmate di elettricità lasciano i cittadini al buio per almeno cinque ore al giorno. La situazione ha causato gravissime difficoltà per la popolazione, con un impatto che va oltre il semplice disagio quotidiano. I dati ufficiali indicano che 25 persone sono rimaste intossicate da fumi o monossido di carbonio nel tentativo di riscaldarsi utilizzando stufe o fornelli a gas. Quattro di loro sono morti. Inoltre, si registrano ben 53 incendi domestici provocati da apparecchi di riscaldamento difettosi o da problemi agli impianti elettrici, con una media di due incidenti al giorno.
La crisi è il risultato di una combinazione di fattori economici e geopolitici. Da un lato, la compagnia ucraina “Naftogaz” non ha rinnovato il contratto di transito con “Gazprom”, interrompendo il flusso del gas russo attraverso l’Ucraina, che storicamente rappresentava il percorso principale per raggiungere la Moldavia, inclusa la Transnistria. Dall’altro lato, “Gazprom” ha autonomamente sospeso le forniture alla Moldavia, accusando Chisinau di non aver saldato un presunto debito di 709 milioni di dollari. Le autorità moldave, tuttavia, contestano questa cifra, sostenendo, sulla base di un audit indipendente, che il debito reale ammonta a soli 8,6 milioni di dollari. Questo stallo ha lasciato la Transnistria senza rifornimenti, esacerbando ulteriormente le tensioni già esistenti.
La Transnistria, che da oltre 20 anni riceve gas russo senza pagarne il costo, ha accumulato un debito colossale nei confronti di “Gazprom”, pari a 11,1 miliardi di dollari. Nonostante questo, Mosca ha sempre evitato di chiedere il pagamento, limitandosi a registrare l’aumento progressivo della somma dovuta. Fino a poco tempo fa, la Russia aveva continuato a inviare gas gratuitamente alla regione, ma la recente interruzione delle forniture ha segnato un cambio di rotta. Sebbene esistesse un’alternativa logistica per rifornire la Transnistria attraverso il gasdotto Transbalcanico — che attraversa Turchia, Bulgaria, Romania e Moldavia — “Gazprom” ha scelto di non utilizzare questa opzione, probabilmente per mantenere la pressione su Chisinau nella disputa sul debito.
Mentre Mosca accusa Moldavia e Ucraina di essere responsabili della crisi, Chisinau e Kiev rispondono affermando che la Russia sta deliberatamente strumentalizzando l’energia come arma politica. La Moldavia, in particolare, ha denunciato che il blocco delle forniture è un tentativo di destabilizzare il Paese in vista delle elezioni parlamentari del 2025, che vedranno contrapporsi forze filoeuropee e filorusse. Anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sostenuto questa linea, definendo la situazione energetica in Moldavia e Transnistria come un esempio della manipolazione russa delle risorse energetiche a fini politici.
Nonostante le iniziali resistenze, le autorità della Transnistria si sono viste costrette a cercare un accordo con Chisinau. Dopo settimane di negoziati falliti con Mosca, il governo della regione ha accettato di ricevere gas attraverso la compagnia statale moldava “Moldovagaz”. Il leader transnistriano Vadim Krasnoselsky ha annunciato che la compagnia “Tiraspoltransgaz” non si opporrà alle forniture e garantirà il pagamento per il gas ricevuto. Tuttavia, le forniture saranno finanziate direttamente dal bilancio russo, con un costo stimato di 162 milioni di dollari, destinati a coprire il fabbisogno della regione fino ad aprile 2025. La compagnia cipriota “Ozbor Enterprises”, fondata da ex dirigenti di “Gazprom”, si occuperà della distribuzione, avendo prenotato capacità sul gasdotto Transbalcanico per un volume giornaliero di 3,2 milioni di metri cubi, sufficiente a soddisfare le necessità della Transnistria.
Questa soluzione, tuttavia, non elimina le problematiche a lungo termine. La Moldavia, che dipendeva in parte dall’energia elettrica prodotta nella Transnistria grazie al gas russo gratuito, si è trovata costretta a importare elettricità dalla Romania a costi molto più elevati, portando a un aumento significativo delle tariffe per i cittadini. Questo ha innescato un aumento dell’inflazione e una crescita del malcontento popolare, che potrebbe influire negativamente sul consenso politico del governo filoeuropeo guidato da Maia Sandu e dal suo partito “Azione e Solidarietà”.
La crisi in Transnistria ha anche avuto ripercussioni sull’immagine della Russia. Mosca, che si era sempre presentata come protettrice della regione separatista, ora appare incapace di garantire il benessere della sua popolazione. Questo non solo mina la fiducia della Transnistria nella Russia, ma aumenta anche la dipendenza della regione da Chisinau, ridimensionando ulteriormente l’influenza di Mosca nell’area.
Nonostante tutto, la Russia potrebbe perseguire obiettivi più ampi. La destabilizzazione della Moldavia potrebbe indebolire il governo filoeuropeo e aprire la strada al ritorno di forze politiche filorusse. Tuttavia, il prezzo politico di questa strategia è alto: lasciare la Transnistria al freddo e al buio ha mostrato un lato cinico delle politiche russe, rischiando di alienare anche i suoi alleati più fedeli.